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RSV4 1100 Factory, BMW S1000RR, Ducati Panigale V4S Corse, Hon- da CBR ... la Ducati Panigale V4S finisce per essere un po' troppo fisica nella guida ...

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voice-comparativa2019
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Comparativa Supersportive

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Come vanno

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I tempi

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

COMPARATIVA

di nuovo quel periodo dell'anno. Quel momento in cui

È

ci la redazione si vuota e infiliamo casco e tuta di pelle per uscire dalla corsia box di qualche circuito sulle sette

sportive più prestanti e raffinate del panorama mondiale.

Le ammiraglie, le punte di diamante delle Case costruttri-

ci, che attendono con ansia il responso di tester e cronometro. Un momento

che aspettiamo sempre con ansia, perché se è vero che le supersportive

attuali sono sempre meno sfruttabili - ormai anche in pista - da chi non è un

pilota di quelli veri, le emozioni che sanno regalare non sono paragonabili

a nessun'altra categoria. Aprilia RSV4 1100 Factory, BMW S1000RR, Ducati

Panigale V4S Corse, Honda CBR 1000RR Fireblade SP, Kawasaki Ninja ZX-

10RR, Suzuki GSX-R 1000R e Yamaha YZF-R1M. Insomma, il garage dei

sogni di qualunque amante delle supersportive.

Sette moto non sono facili da raccontare nel dettaglio, quindi abbiamo pensato bene di dividere la prova in tre capitoli. Nel primo, anche se sappiamo di avervele già presentate più volte dal momento della loro introduzione, ci rinfreschiamo la memoria - appunto - sul come sono fatte. Nel secondo passiamo a raccontarvi come vanno, dopo una bella giornata passata a saltare da una sella all'altra sul tracciato di Pergusa, con gomme Pirelli Supercorsa SP. Nel terzo, infine, le sottoponiamo all'implacabile giudizio del cronometro. Perché non ci stancheremo mai di ripetere quanto, all'atto pratico, contino i tempi che sanno staccare queste moto nelle mani di un pilota rispetto al racconto delle caratteristiche dinamiche, che invece vi permette di scegliere la moto che più fa per voi, ma... lo sappiamo, i riferimenti cronologici hanno il loro fascino. E quindi, dopo aver gommato le sette belve con le slick Pirelli Diablo Superbike SC1, abbiamo scatenato anche quest'anno Alfio Tricomi e abbiamo stilato una classifica.

Curiosi di sapere com'è andata? Leggete oltre. E guardate i video.

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APRILIA RSV4 FACTORY

APRILIA RSV4 FACTORY CRESCE DI CILINDRATA E DI POTENZA, 1.100 CC PER 217 CAVALLI IN CONFIGURAZIONE
STRADALE: NUMERI DA MOTO DA CORSA. 25.199 EURO IL PREZZO DI QUESTO MISSILE ...CON LE ALI

APRILIA RSV4
FACTORY

Testi: Edoardo Liccardello, Antonio Privitera Foto: Fabio Grasso
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APRILIA RSV4 FACTORY

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APRILIA RSV4 FACTORY

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APRILIA RSV4 FACTORY

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

UNA SUPERBIKE, SOFISTICATA, LEGGERA E POTENTISSIMA. GUARDA IL LISTINO APRILIA RSV4 FACTORY

U

na superbike, sofisticata, leggera e potentissima: la prima versione dell'Aprilia RSV4 è del 2009 ma i continui affinamenti hanno prodotto una versio-

ne 2019 (trovate qui la prova) allo stato dell'arte le cui

novità più evidenti sono le appendici aerodinamiche la-

terali in stile RS-GP (finora riservate all'esclusiva Factory

Works) e l'incremento di cilindrata fino a 1.078cc - ot-

tenuto portando l'alesaggio dai precedenti 78 fino agli

81 mm attuali, per valori di potenza e coppia da urlo:

217cv a 13.200 giri e 122Nm a 11.000. Aggiornamen-

ti anche per la fasatura di distribuzione e i condotti di

aspirazione (fissi), mentre la coppia maggiore del 10%

lungo tutto l'arco d'erogazione ha consentito di allunga-

re i rapporti di quinta e sesta marcia; se il cambio è do-

tato di quickshifter bidirezionale (e anche a gas parzia-

lizzato), resta confermata a livello ciclistico la possibilità

di variare sia l'inclinazione del cannotto di sterzo che

l'altezza del perno del forcellone e ­ attualmente unica

supersportiva a concederlo ­ la posizione del motore V

65° nel telaio, quest'ultimo costituito da elementi fusi ed

elementi stampati e praticamente lo stesso della versione

precedente.

L'interasse si accorcia di 4 mm (1439mm) e le nuove pia-

stre di sterzo avvicinano il pilota alla ruota anteriore por-

tando il carico verso l'avantreno. La gestione elettronica

del veicolo e del motore è il fiore all'occhiello della RSV4

fin dalla sua nascita: il motore dispone di tre mappe

selezionabili anche in marcia (Track, Sport, Race), ed è

evolutissimo il Sistema APRC che comprende controllo di

trazione, controllo di impennata, controllo di partenza, cruise control e il limitatore di velocità per la corsia box, oltre alla piattaforma multimediale MIA. Assenti per scelta le sospensioni semi attive, l'Aprilia resta una superbike dove è necessario cucirsi addosso l'assetto: la forcella è una Öhlins NIX con steli di 43 mm con escursione di 125mm, più 5 mm rispetto al modello precedente per dare più contatto al suolo in accelerazione, mentre al posteriore troviamo un mono Öhlins TTX con escursione di 120mm: manco a dirlo, tutto il comparto sospensioni è totalmente regolabile. Il reparto frenante vede l'introduzione delle pinze Brembo Stylema, ma se desiderate il massimo potete regalare alla vostra RSV4RF 1100 i convogliatori d'aria in fibra di carbonio che abbassano la temperatura delle pinze del 20%. I dischi flottanti di 330 mm all'anteriore e quello posteriore di 220 mm vengono gestiti dall'ABS Bosch 9.1 MP con funzione cornering, regolabile su 3 mappe e dotato di strategia RLM per limitare il sollevamento del retrotreno in staccata.
I cerchi di 17' calzano pneumatici 120/70 all'anteriore mentre al posteriore è possibile scegliere tra 200/55, 190/50 e 190/55, per una ampiezza di scelte di assetto praticamente al livello di una reale superbike dalla quale la RSV4 non si discosta troppo nemmeno per il peso: 177 Kg a secco e 199 in ordine di marcia con il pieno, incredibilmente più contenuto di quello della sorella di 1000 cc grazie sia al silenziatore in titanio firmato Akrapovic che alla batteria al litio.

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BMW S1000RR

LA TERZA GENERAZIONE DELLA SUPERBIKE DI MONACO È PIÙ POTENTE, EFFICACE, SPECIALISTICA E PERSONALE. COSTA 19.550, QUOTAZIONE CHE PERÒ SALE RAPIDAMENTE
CON I PACCHETTI OPTIONAL

BMW S1000RR

Testi: Edoardo Liccardello, Antonio Privitera Foto: Fabio Grasso
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BMW S1000RR

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PIÙ POTENTE, PIÙ LEGGERA E... PIÙ FACILE. GUARDA IL LISTINO BMW S1000RR

N

ata nel 2009 sconvolgendo il settore, la BMW S1000RR (qui la prova) è alla sua terza generazione ma è la prima volta che viene totalmente riprogettata

con l'obiettivo di renderla più potente, più leggera e...

più facile. Il nuovo quadricilindrico in linea è più legge-

ro di 4kg ed esprime 207cv a 13.500 giri e 113Nm a

11.000 g/m: è impreziosito dal sistema Shiftcam di fasa-

tura variabile della distribuzione che agisce sulle valvole

di aspirazione - in titanio, cave come quelle di scarico e

servite da condotti di aspirazione a lunghezza variabile

- modificando alzata e tempi di apertura in soli 6 milli-

secondi fra le due diverse camme, una ottimizzata per i

regimi superiori ai 9.000 giri e una per quelli inferiori;

i benefici sono una maggiore spinta ai medi e bassi re-

gimi, l'abbandono della rabbiosa entrata in coppia del

modello precedente e la riduzione dei consumi del 4%

(dichiarata) ma dubitiamo che il potenziale acquirente

della S1000RR possa ritenerlo un argomento decisivo...

Il cambio a sei marce è dotato di serie del quickshifter

con supporto in innesto e scalata e lo schema dei leve-

raggi consente l'inversione del comando per chi in pista

vuole proprio tutto in versione race.Vengono limati 1,3

kg dal nuovo telaio Flex Frame sfruttando il motore (in-

clinato di 32°) come elemento stressato: alleggerimento

esteso anche al traliccio posteriore e al forcellone più

leggero di 300g e allungato fino a raggiungere il nuovo

interasse di 1441 mm (+ 9mm) con il cannotto che si

chiude fino al valore di 23,1° e l'avancorsa che raggiun-

ge i 93,9 mm. La piattaforma inerziale a sei assi dialoga

con l'ECU per definire quattro riding mode, Rain, Road,

Dynamic e Race, che diventano sette con l'optional Modalità Pro con gli ultimi tre configurabili dall'utente che permettono anche la regolazione dell'anti-impennata e del freno motore, nonché la possibilità di regolazione fine per il livello del traction control. Accanto al Cruise Control e al limitatore di velocità per la corsia box arrivano anche il Launch Control e l'assistenza per la partenza in salita, per una gestione elettronica del veicolo decisamente al top. Le sospensioni Marzocchi prevedono un monoammortizzatore con pistone da 46 mm e forcella rovesciata con steli da 45 mm ma acquistando il pacchetto Dynamic la nuova S1000RR si dota delle nuove sospensioni attive DDC Next Generation capaci di variare in tempo reale le reazioni dell'idraulica (il precarico resta manuale) ad intervalli di 10ms in accordo con le informazioni ricevute dalla piattaforma inerziale e dai riding mode selezionati. Interessante la possibilità di uno shim package optional per tarare internamente le sospensioni DDC. Il doppio disco anteriore di 320mm e le pinze radiali anteriori sono forniti dall'americana Hayes, colosso del settore sia per le moto che per le auto, mentre al posteriore un disco singolo da 220mm completa la terna frenante gestita dall'ABS Pro con funzionalità cornering. Tutto questo impegno nello snellimento e alleggerimento su motore e telaio ha portato un peso in ordine di marcia e con serbatoio al 90% di 197 kg, grazie anche al nuovo scarico più leggero di 1,3 kg, ma acquistando il pacchetto M si arriva fino a 193,5 kg con i pregiati cerchi in fibra di carbonio e la batteria al litio, oltre alla possibilità di regolazione del fulcro forcellone e alla Modalità Pro già citata.

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DUCATI PANIGALE V4S

LA PRIMA SUPERBIKE QUADRICILINDRICA DUCATI: 1.100CC, 214 CAVALLI E IL FASCINO DI UNA MOTO DIVERSA DA TUTTE LE ALTRE. COSTA CARISSIMA, 28.290
EURO, MA LI VALE TUTTI

DUCATI PANIGALE
V4S

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Testi: Edoardo Liccardello, Antonio Privitera Foto: Fabio Grasso

DUCATI PANIGALE V4S

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DUCATI PANIGALE V4S

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DUCATI PANIGALE V4S

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

IL FASCINO DI UNA MOTO DIVERSA DA TUTTE LE ALTRE GUARDA IL LISTINO DUCATI PANIGALE V4S

L

a seconda extralarge della nostra comparativa è la moto che ha avuto l'onere di rompere la tradizione bicilindrica per le supersportive di casa: la Ducati

V4S 1100 (qui la prova) ­ questa volta in allestimento

Corse che differisce dalla versione "S" per la livrea mutua-

ta dalle Panigale utilizzate durante la Race of Champions

al WDW 2018 ­ conferma il motore Desmosedici Stra-

dale, V4 90° di 1103 cc con distribuzione desmodromica

e albero motore controrotante (che assieme all'alesaggio

di 81 mm strizza l'occhio alla tecnica della MotoGp) per

avere maggiore rapidità nei cambi di direzione e contra-

stare la tendenza ad impennare in fase di accelerazione.

Il quattro cilindri è inserito nel telaio inclinato all'indietro

di 42° e, con fasatura d'accensione irregolare Twin Pulse

(0° - 90° - 290° - 380°), sprigiona 214 cv a 13.000 giri e

124 Nm di coppia a 10.000 giri, pronti a diventare 226

con lo scarico Akrapovic non omologato in optional. Per

la prima volta Ducati dota una propria sportiva di condotti

di aspirazione a lunghezza variabile che servono corpi

farfallati di 52 mm a doppio iniettore e l'intero motore

ingrassa di soli due chili (64,9 kg in tutto) rispetto al bici-

lindrico della 1299 Panigale!

Il telaio perimetrale in lega di alluminio Front Frame pesa

4,2 kg e usa il propulsore come elemento stressato per

chiudere la struttura con il non trascurabile corollario di

poter mantenere la zona di seduta del pilota molto rastre-

mata; leggerissimo anche il telaietto posteriore (1,9 kg)

mentre il fulcro del monobraccio e la sospensione poste-

riore sono direttamente imperniati nel propulsore. La dota-

zione elettronica della V4S è di prim'ordine e conta sulla

IMU Bosch a sei assi: il controllo di trazione DTC EVO è

integrato con il DSC - Ducati Slide Control - che permette un controllo ottimale delle derapate a due livelli differenti di intervento. Non mancano il DWC EVO, il controllo anti-impennata per massimizzare le accelerazioni, ed il Launch control DPL. Il cambio è dotato di quickshifter bidirezionale DQS EVO il cui algoritmo legge gli angoli di inclinazione per garantire un assetto perfetto durante i cambi marcia in curva ai massimi angoli di piega. Il DQS lavora in sinergia con EBC (Engine Brake Control), che permette la regolazione su due livelli del freno motore. La Panigale V4S è equipaggiata con una terna full Öhlins: forcella NIX-30 con escursione di 120 mm e un mono TTX36, oltre che l'ammortizzatore di sterzo. La gestione elettronica dell'idraulica è affidata al sistema di controllo Öhlins EC Smart 2.0, offrendo comunque una scelta tra una modalità manuale che consente di impostare ­ appunto - manualmente attraverso click virtuali l'idraulica ed una automatica che si interfaccia con i tre riding mode selezionabili dal pilota (Race, Sport, Street); questi, oltre a impostare il carattere del motore e della sua erogazione, variano anche le impostazioni idrauliche di mono, forcella e ammortizzatore di sterzo e modificano la funzionalità dell'ABS che mantiene il cornering solo nella modalità Race dedicata all'utilizzo in pista, e solo sulla ruota anteriore. L'impianto frenante vede una coppia di dischi di 330 mm sui quali agiscono pinze Brembo Stylema e al posteriore un singolo disco di 245 mm, montati su una coppia di cerchi forgiati in alluminio che calzano pneumatici 120/70 all'anteriore e al posteriore il "gommone" 200/60. Tanta raffinatezza si riflette nel peso più contenuto (almeno nelle dichiarazioni) del lotto: solo 195 kg in ordine di marcia.

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HONDA CBR 1000RR FIREBLADE SP

MIGLIORATA NELL'ELETTRONICA, SEMPRE PERFORMANTE E ACCESSIBILE: LA FIREBLADE HA PASSATO IL QUARTO DI
SECOLO MA NON LO DIMOSTRA. COSTA 23.790 EURO

HONDA CBR 1000RR FIREBLADE SP

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Testi: Edoardo Liccardello, Antonio Privitera Foto: Fabio Grasso

HONDA CBR 1000RR FIREBLADE SP

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HONDA CBR 1000RR FIREBLADE SP

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HONDA CBR 1000RR FIREBLADE SP

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

CICLISTICA FACILE DA INTERPRETARE, SOSPENSIONI EVOLUTE E UNA RINNOVATA GESTIONE ELETTRONICA.
GUARDA IL LISTINO HONDA CBR 1000RR FIREBLADE SP

L

a versione 2019 della Honda CBR 1000 RR Fireblade SP (qui la prova) ha introdotto alcune novità di rilievo e tutt'altro che secondarie per un mez-

zo destinato principalmente alla pista. Il quattro cilindri

dalla rispettabilissima potenza di 192 cv a 13.000 giri e

116 newton/metri di coppia a 11.000 giri non sfida sul

piano della cavalleria pura le concorrenti europee ma

tiene il punto grazie ad una ciclistica relativamente facile

da interpretare, sospensioni evolute e ad una rinnovata

gestione elettronica del comportamento del veicolo, sen-

za mai discostarsi dalla filosofia total control che con-

traddistingue le moto dell'ala dorata.

La CBR 1000RR Fireblade SP è dotata di piattaforma

inerziale a 5 assi che invia le informazioni alla ECU per

i tre Riding Mode predefiniti (Fast, Fun, Safe) e i due per-

sonalizzabili che definiscono le tarature specifiche dei

diversi parametri di gestione veicolo e regolazione dello

sospensioni; ed è proprio sull'aggiornamento dell'elet-

tronica che i tecnici Honda sono intervenuti massiccia-

mente sulla Fireblade 2019: innanzitutto sul controllo di

trazione HSTC a 9 livelli cui sono stati apportati miglio-

ramenti rivolti ad affinare il comportamento nell'uso in

pista, riconoscendo anche il diverso diametro di rotola-

mento del pneumatico posteriore all'aumentare dell'an-

golo di piega, ma è la separazione tra Wheelie Control

a 3 livelli e controllo di trazione HSTC l'affinamento che

si attendeva per migliorare ancora di più le possibilità di

gestione del veicolo nell'uso estremo. Adesso si può impostare un basso soglia di intervento del controllo di trazione e una elevata riduzione della tendenza al sollevamento della ruota anteriore, mentre prima le due regolazioni erano dipendenti l'una dall'altra. Maggiore anche la reattività del comando elettronico del gas che adesso è più rapido del 45% nel passare da tutto aperto a tutto chiuso e il cambio è assistito da quickshifter in innesto e scalata.
Le sospensioni sono gestite dalla piattaforma semiattiva Öhlins Electronic Control (S-EC) e dall'interfaccia Öhlins Objective Based Tuning (OBTi): la forcella è una NIX 30 di 43 mm di diametro e 120 mm di escursione, mentre al posteriore troviamo un TTX 36 (in entrambe le unità la regolazione del precarico resta meccanica), elettronica di bordo che vigila anche sul funzionamento dei freni attraverso una nuova taratura dell'ABS specifica per l'uso in pista e meno invasiva rispetto a quella presente sul MY 2018 e che ha costituito uno dei limiti nella nostra precedente comparativa del 2017 al Paul Ricard. Pinze Brembo radiali e dischi da 320 mm di diametro all'anteriore e un singolo disco di 220 mm al posteriore sui cerchi di 17' e pneumatici 120/70 e 190/50 completano la dotazione della CBR 1000RR Fireblade SP che, unica moto delle sette presenti in questa comparativa ad essere dotata di serbatoio in titanio, la ferma l'ago della bilancia a 195 kg col pieno.

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KAWASAKI ZX-10RR

LA SUPERBIKE KAWASAKI SI AGGIORNA PER ESSERE ANCORA PIÙ PERFORMANTE NEL MONDIALE. COSTA CARA, MA LA PRODUZIONE LIMITATA E LA RAFFINATEZZA TECNICA GIUSTIFICANO IL PREZZO. 26.890 EURO

KAWASAKI ZX-10RR

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KAWASAKI ZX-10RR

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KAWASAKI ZX-10RR

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KAWASAKI ZX-10RR

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DOMINATRICE DEL MONDIALE SUPERBIKE NEGLI ULTIMI QUATTRO ANNI GUARDA IL LISTINO KAWASAKI ZX-10RR

D

ominatrice del mondiale Superbike negli ultimi quattro anni, la Kawasaki Ninja ZX-10RR è la Homologation Special in edizione limitata (500

esemplari) dalla quale deriva la moto di Rea. Rispet-

to alle unità delle versioni stradali R ed SE, il motore

quattro cilindri di 998 cc con corpi farfallati di 47 mm

viene potenziato fino ai 204 cv a 13500 giri/min (214

con RAM Air in pressione) e 115,7 Nm a 11200 giri at-

traverso nuove bielle in titanio Pankl, complessivamente

più leggere di 408 grammi. Il risultato è che il quattro

cilindri di Akashi guadagna 600 giri/min e un caval-

lo rispetto al modello precedente, arrivando a 14.800

giri/min e garantendo una solida base per ulteriori

elaborazioni per chi la volesse usare per gareggiare

nei campionati Superstock o SBK dove il regime di giri

massimo del modello di serie ha una certa importanza

dal punto di vista dei regolamenti...

La gestione elettronica prevede una piattaforma iner-

ziale a sei assi abbinata alla centralina di gestione

che sovrintende alla gestione dei due riding mode,

al traction control S-KTRC, alla regolazione del freno

motore KEBC, al Launch Control su 3 livelli KLCM, al

controllo impennata KTRC e all'ABS cornering. Il quick-

shifter KQS è bidirezionale. Schema ultra collaudato per il telaio a doppio trave e forcellone in alluminio che segna un interasse di 1440 mm. Privo dell'assistenza elettronica, presente invece sulla sorella ZX-10R SE che abbiamo provato qui rimanendone favorevolmente impressionati, il comparto sospensioni si affida al top di gamma meccanico Showa per la produzione di serie, costituito dalla forcella pressurizzata BFF con steli da 43mm ed escursione di 120 mm e dal monoammortizzatore BFRC Lite, entrambi ovviamente completamente regolabili ed entrambi a funzionamento meccanico. Sviluppato dalla Öhlins, invece, l'ammortizzatore di sterzo a controllo elettronico ma è importante notare che Kawasaki dichiara una nuova e specifica taratura delle sospensioni proprio compensare il momento di inerzia dell'albero motore ridotto del 5% grazie alle bielle in titanio. L'impianto frenante vede all'anteriore due dischi Brembo semiflottanti di 330 mm e pinze M50, mentre al retrotreno un singolo disco di 220 mm. I cerchi forgiati sono i pregiati Marchesini che calzano pneumatici 120/70 e 190/55, mentre il peso in ordine di marcia si attesta sui 206 kg.

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SUZUKI GSX-R1000R

GRANDE SOSTANZA AL PREZZO PIÙ BASSO DELLA CATEGORIA - SOLO 18.990 EURO. ARRIVANO I TUBI IN TRECCIA E IL
PERNO FORCELLONE AD ALTEZZA VARIABILE.

SUZUKI GSX-
R1000R

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SUZUKI GSX-R1000R

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SUZUKI GSX-R1000R

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SUZUKI GSX-R1000R

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

APPARSA SUL MERCATO NEL 2017 TRASFERENDO LO SPIRITO, E LE SOLUZIONI, CHE LA CASA UTILIZZA NELLA MOTOGP GSX-RR SVECCHIANDO IN UN SOL COLPO LA GAMMA SPORTIVA. GUARDA IL LISTINO SUZUKI GSX-R1000R

L

a Suzuki GSX-R1000R (qui la prova) è apparsa sul mercato nel 2017 trasferendo lo spirito, e le soluzioni, che la casa di Hamamatsu utilizza nella

MotoGp GSX-RR svecchiando in un

sol colpo la gamma sportiva. Presenta, come la BMW

S1000RR, un sistema di distribuzione a fasatura varia-

bile, in questo caso chiamato SR-VVT e funzionante attra-

verso sfere centrifughe, che permette al quattro cilindri in

linea Suzuki dotato di valvole in titanio, pistoni forgiati e

bilancieri a dito con trattamento DLC, di unire una poten-

za massima di 202 cavalli a 13.200 giri con una curva

di coppia ai bassi e medi sostenuta da ben 118 newton/

metro a 10.880 giri. L'SR-VVT lavora in sinergia con il

sistema di gestione dei gas di scarico (SET-A), e quello

d'iniezione (S-TFI) formando il "Broad Power System" che

permette, secondo le specifiche di Suzuki, di aumentare

le prestazioni agli alti regimi senza penalizzare i medi.

Il sistema di aspirazione utilizza un efficace e semplice

sistema di cornetti differenziati fra i cilindri esterni ed in-

terni: i cilindri 1 e 4, godono di cornetti sovrapposti che,

con l'aumentare della pressione in aspirazione agli alti

regimi, aspirano anche in configurazione corta; discorso

simile nel senso della modularità di intervento per quanto

riguarda il sistema di scarico che prevede due valvole a

farfalla a comando elettronico posizionate fra gli scarichi

1-4 e 2-3 che si aprono progressivamente e non più solo

una singola valvola a valle dello scarico tra catalizzatore

e silenziatore.

Tanta raffinatezza mutuata dalle corse viene tenuta a

bada da una dotazione elettronica allo stato dell'arte per

completezza ed efficacia basata su una ECM a 32 bit e una piattaforma inerziale a tre assi e sei direzioni di derivazione MotoGP. Tre i riding mode disponibili oltre al Traction Control settabile su dieci livelli; il Low RPM Assist per la guida e per le ripartenze da bassa velocità, ABS cornering, avviamento elettroassistito e Launch Control completano, insieme al quickshifter bidirezionale, la dotazione. La scelta del telaio a doppio trave e del forcellone in alluminio a doppio braccio segue la tradizione ma le quote vitali dipingono una moto compatta e agile: 1420 mm di interasse, 23°20' di angolo di sterzo e 95 mm di avancorsa e se non bastasse c'è la possibilità di variare l'altezza del perno forcellone ad ampliare le possibilità di regolazione della ciclistica. Il reparto sospensioni della GSX-R1000R è condiviso, a parte le tarature specifiche, con quello della Kawasaki ZX-10RR: Showa firma infatti la forcella BFF da 43mm e 120 mm di escursione e l'ammortizzatore il BFRC Lite, entrambi con serbatoi separati per l'espansione dei gas. L'impianto frenante anteriore prevede dischi freno Brembo in acciaio di 320 mm, con attacco ibrido convenzionale/T-Drive e pinze radiali Brembo monoblocco dotate di 4 pistoncini di 32 mm. Sulla ruota posteriore agisce un singolo disco di 220 mm. Sul MY 2019 sono previste tubazioni freno in treccia metallica che, per ragioni logistiche, erano assenti sull'esemplare oggetto della nostra comparativa. I cerchi sono in alluminio da 17' per pneumatici da 120/70 all'anteriore e da 190/55 al posteriore e, sorprendentemente, La Suzuki GSX-R1000R ferma l'ago della bilancia a 203 chili dichiarati con il pieno di benzina, uno in più della versione base.

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YAMAHA YZF R1M

NATA NEL 2015, AFFINATA NEL 2018, LA R1M SI RIFIUTA DI CEDERE IL PASSO. BELLISSIMA, RAFFINATA
TECNICAMENTE, LA PIÙ EUROPEA DELLE GIAPPONESI. COSTA 24.190 EURO.

YAMAHA YZF R1M

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Testi: Edoardo Liccardello, Antonio Privitera Foto: Fabio Grasso

YAMAHA YZF R1M

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YAMAHA YZF R1M

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YAMAHA YZF R1M

LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

IL QUATTRO CILINDRI CHE MUOVE PER LA SUA PERSONALITÀ, LA MAXI DI IWATA HA BIELLE E VALVOLE DI ASPIRAZIONE IN TITANIO, CARTER E COPPA DELL'OLIO IN MAGNESIO. GUARDA IL LISTINO YAMAHA YZF R1M

G

iunta alla seconda generazione, la Yamaha YZF-R1M è stata oggetto di una serie di affinamenti, soprattutto sotto il profilo della gestione elettro-

nica.

Il quattro cilindri che muove, anzi diremmo "scuote" per

la sua personalità, la maxi di Iwata ha bielle e valvole di

aspirazione in titanio, carter e coppa dell'olio in magne-

sio. La sua peculiarità è l'albero motore cross plane che

distribuisce gli scoppi in modo irregolare secondo l'ordi-

ne 270°- 180°-90°-180°, quasi come un V4: al prezzo

di una lieve maggiore inerzia e un piccolo incremento

di peso migliorano trazione ed erogazione. Potenza e

coppia (dichiarate) non stupiscono più come all'esordio

ma 200 cv a 13.500 giri e 112,4 Nm a 11.500 giri sono

sempre una potenza impressionante e che necessita di

un pacchetto ciclistico/elettronico di alto livello per esse-

re governata a dovere.

Il collaudato telaio Deltabox in alluminio con telaietto

posteriore in magnesio è completato dal forcellone con

capriata superiore e rappresenta un legame, almeno

concettuale, con la MotoGp M1 attraverso un layout

che definisce una ciclistica compatta: solo 1.405 mm

di interasse, 24° di inclinazione cannotto e 105 mm di

avancorsa; ma le maggiori novità sono appannaggio

del reparto elettronico. La piattaforma IMU a sei assi re-

gola Traction Control, Launch Control, Slide Control, e il

controllo denominato LIF per la gestione dell'impennata

è stato rivisto nelle logiche di intervento e reso più linea-

re nella risposta dinamica. Presenti il cambio elettronico

QQS, da questa versione anche con funzione blipper e

con logiche di funzionamento selezionabili dall'utente, la centralina CCU per la raccolta dei dati e l'interoperabilità con dispositivi e applicazioni esterne, e l'ABS cornering che lavora in accordo con il sistema Unified Brake System che ripartisce la forza frenante applicata sui due assi incrociando i dati provenienti dalla piattaforma inerziale su inclinazione, trasferimento di carico, velocità e slittamento della ruota posteriore. Per quanto riguarda le sospensioni, confermate le notevoli Öhlins Smart EC 2.0 con forcella di 43 mm di diametro e 120 mm di escursione e il mono posteriore, entrambi gestiti dal nuovo software attraverso la presenza di tre ulteriori sensori, due per il rilevamento della pressione esercitata sui dischi dalle pinze e uno per la lettura della velocità della ruota anteriore. Non si parla più di click, seppure virtuali, ma di setting predefiniti e Brake-support, Corner-support e Accel-support, che corrispondono alle fasi dinamiche di frenata, percorrenza e uscita di curva. Le impostazioni predefinite T-1 T-2 R-1 sono dedicate rispettivamente alla pista affrontata con pneumatici slick, pista con gomme stradali e strada, mentre è sempre possibile rinunciare alla funzione adattiva e utilizzare i consueti "click" per compressione ed estensione. In ogni caso la regolazione del precarico resta meccanica. A frenare la R1M pensano le pinze radiali monoblocco Nissin, la coppia di dischi anteriori di 320 mm e la pinza a singolo pistoncino con disco posteriore di 220 mm, il tutto gestito dal già citato sistema UBS. I cerchi in magnesio di 17' sono vestiti con pneumatici 120/70 e 200/55 e la R1M dichiara un peso di 201 kg in ordine di marcia.

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Come vanno!
UN'INTENSA GIORNATA IN PISTA CHE HA PERMESSO A SETTE TESTER DI VELOCITÀ, ESPERIENZA E CORPORATURA
DIFFERENTI DI SPREMERE LE SETTE REGINE DEL 2019. VI RACCONTIAMO, UNA PER UNA, COME SI COMPORTANO LE
SUPERBIKE SOTTO ESAME

Testi: Francesco Paolillo, Maurizio Vettor, Maurizio Gissi, Luca Frigerio Foto: Fabio Grasso
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C

ome detto in apertura, la nostra prima giornata si è svolta passando da una moto all'altra. Sei tester della redazione, di corporatura, gusto, esperienza e velocità variabile, si sono alternati in sella ad Aprilia

RSV4 1100 Factory, BMW S1000RR, Ducati Panigale V4S Corse, Hon-

da CBR 1000RR Fireblade SP, Kawasaki Ninja ZX-10RR, Suzuki GSX-R

1000R e Yamaha YZF-R1M.

E poi, senza la pretesa di stilare una classifica che lascerebbe il tempo

che trova, le abbiamo descritte trovando una sintesi delle varie impres-

sioni di guida, in maniera tale da raccontarvi davvero nel massimo

dettaglio le caratteristiche di guida. E via...

APRILIA Per gestire 200 CV su due ruote serve una ciclistica (ma soprattutto una manetta) perfetta. Se poi a un 1000 si aggiungono 78,6 cc, 18 CV e una coppia tanta, la questione si fa ancora più delicata. I tecnici Aprilia, però, non si sono fatti intimorire e, sfruttando tutta l'esperienza acquisita nel mondo delle corse, sono riusciti a plasmare il mostro (sulla carta) RSV4 1100 Factory in una Superbike targata alla portata anche di chi, 26 domeniche l'anno, guarda il mondiale delle derivate di serie dal divano. Pergusa è la pista ideale per mettere alla prova quasi tutte le qualità di una supersportiva: ci sono ripartenze di seconda marcia, curvoni in piena accelerazione, staccate a 290 km/h e varianti strette e larghe. Quando si prende il gas in mano, la RSV4 spinge forte, fortissimo. Il motore tira fuori dalle curve con tanta grinta e fa sentire tutti i 122

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Nm di coppia. In questo frangente l'elettronica interviene spesso e con decisione: controllo di trazione e anti-impennata tolgono un po' di potenza (anche a livello 3), ma trattenersi con il gas è difficile perché l'Apriliona dà tanta fiducia in uscita e invoglia a girare la manopola destra. Dentro la 3^, la 4^, la 5^ e poi la 6^. Sui curvoni in appoggio è una vera lama, il telaio di Noale è sempre una garanzia, e anche nei cambi di direzione è rapida e stabile. Merito anche della forma del serbatoio, che permette di aggrapparsi saldamente con la gamba esterna, e della sella rigida, che fa sentire tutto quello che passa sotto le ruote. Nonostante le dimensioni supercompatte anche la protezione aerodinamica è buona e rimanere accucciati dietro al cupolino non affatica troppo. Quando si arriva alla staccata il blipper è prontissimo (che goduria la doppietta automatica) e offre innesti precisi e fluidi. Anche l'impianto frenante Brembo non delude: potentissimo, modulabile e dopo numerose staccate non si allunga. La nota negativa è che quando si guida una moto così bisogna essere allenati, non c'è un momento di relax: in accelerazione strappa le braccia, in staccata piega i polsi e in rettilineo... beh, il rettilineo dura troppo poco. 218 CV sono tantissimi e impegnativi per un essere umano normale. Inoltre, come vi abbiamo accennato, si tratta di una Superbike. Questo vuol dire che trovare un buon bilanciamento delle sospensioni è difficile e non si può pretendere di avere una moto perfetta semplicemente con la formula "benzina e via!"... se il gas glielo date davvero, bisogna portarsi dietro il sospensionista, proprio come su una moto da corsa vera!
BMW Una moto sorprendente, che con molta probabilità diventerà un punto di riferimento per diversi aspetti, come era già successo con la versione precedente. Compatta ma non per questo poco abitabile (anche i piloti sopra il metro e ottanta troveranno la posizione di guida più consona e adatta senza problemi), ha dalla sua anche un peso in ordine di marcia, con il pieno, di soli 199 kg, davvero pochi in assoluto. E il motore, nonostante la cilindrata "regolare" è una vera e propria bomba atomica! Oltre 210 cv sono un risultato di tutto rispetto per una 1000 cc, mentre
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le doti di erogazione e il carattere del quattro cilindri la mettono tranquillamente sul podio delle moto più "prestazionali" della categoria - e se ci limitassimo alle mille, farebbe letteralmente piazza pulita della concorrenza. Tiro ai medi e allungo perentorio sono le due caratteristiche più evidenti di questo propulsore, che permette alla S1000 RR di essere estremamente efficace sia quando si va a riprendere il gas in mano nelle ripartenze dalle basse velocità, sia quando ci si trova a dover tenere il propulsore per qualche istante a tu per tu con il limitatore. In questa euforia di perfezione meccanica troviamo ancora una volta migliorabile il cambio, in particolare in fase di scalata: l'unità BMW, come succedeva anche nella versione precedente. non si rivela sempre all'altezza della situazione soprattutto in termini di precisione e comunicativa, cosa che porta spesso a controllare sul cruscotto che la S1000 abbia "preso" la marcia. L'impianto frenante manca della griffe più famosa del mondo, ma si è fatto apprezzare grazie ad una potenza in linea con le prestazioni della moto, resistente anche alle mostruose sollecitazioni imposte dal tracciato di Pergusa e con un ABS che non interviene a "sproposito". Il comportamento della ciclistica può essere preso come riferimento sia per rapidità nelle discese in piega e nei cambi di direzione, sia per la stabilità sul veloce, caratteristiche che spesso non vanno a braccetto (ci piacerebbe scoprire quanto di tutto questo sia riconducibile ai cerchi in fibra di carbonio montati sulla moto protagonista del test). A gas spalancato e moto inclinata, la S1000 RR tiene la linea in maniera molto precisa con un feeling sull'avantreno davvero da riferimento, a testimonianza di quanto siano migliorate le sospensioni semiattive BMW (che precedentemente non sempre mostravano la coerenza di comportamento necessaria ad avere fiducia sui ritmi più elevati) e ancora una volta - di quanto importanti siano le masse non sospese...
DUCATI La Panigale V4 è la più estrema fra queste sette ipersportive. E' una racing pura che non cerca compromessi d'uso e il suo carattere così efficace, e a volte spigoloso, emerge e affascina dopo poche curve. In maniera insospettata la posizione di guida è meno costrittiva rispetto alla bicilindrica Panigale 1299: il manubrio più aperto e la sella è meno alta da terra. In queste scelte si nota un affinamento globale che
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non deriva soltanto da ingombri differenti di motore e telaio. La V4 italiana è anche meno ruvida e facile da interpretare rispetto alla V2, ma poi la musica cambia quando entrano in gioco le importanti differenze di potenza che ci sono fra l'ultima bicilindrica e il nuovo Desmosedici Stradale V4. L'assetto di guida è in ogni caso raccolto e perciò è meno adatto a chi è alto; le pedane sono infatti alte e arretrate - per garantire luce a terra e per caricare l'avantreno in accelerazione - il serbatoio comunque stretto fra le ginocchia si sposa a una moto compatta nelle misure e il cupolino è davvero basso e avanzato. Fortunatamente sulla nostra moto è montato un plexi più alto e protettivo - un accessorio originale Ducati - che aiuta molto quando ci si appiattisce sul serbatoio in velocità evitando che il casco si scuota fastidiosamente. La V4 Ducati ha un'agilità sorprendente, è velocissima nell'ingresso di curva e permette di ritardare tanto la frenata rispetto alle altre rivali, e senza che l'avantreno si scomponga quando si rilasciano i freni. Più si entra forte in curva e più si scopre che si può osare di più: è un'autentica belva da pista pensata per funzionare a ritmi da gara. Fra l'altro la frenata è davvero molto potente e sposta più avanti il classico riferimento di staccata nonostante ci si arrivi spesso con maggiore velocità, con un affondamento marcato ma preciso della forcella. Staccando così forte si sente però la necessità di avere maggiore appoggio da parte del serbatoio per alleggerire una parte del carico sulle braccia. Sull'angolo la Panigale V4 è molto ferma e resta precisa in accelerazione in uscita di curva: pare tenga la linea ideale solo con la forza del pensiero. Visto che il V4 spinge di brutto, occorre soltanto evitare di appendersi troppo al manubrio, altrimenti si rischiano oscillazioni poco simpatiche. La motricità è notevolissima, la sospensione posteriore tiene a bada la spinta dei cavalli e il notevole grip che l'insieme di ciclistica e meccanica offre viene esaltato montando le Pirelli slick. Motricità e potenza elevate riducono le distanze fra una curva e l'altra, così come i momenti nei quali si può tirare il fiato. Ci sono tanti cavalli in alto, ma a fare la differenza con gli altri motori ­ meno con il V4 Aprilia, anch'esso di cilindrata gonfiata ­ è la potenza in più che c'è a ogni regime di giri: dai poco utilizzati 3.000 (almeno in pista) fino ai 14.000 giri di taglio del limitatore. Il Desmosedici vince in coppia, ai medi come agli alti giri, e con buon
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vantaggio. Fino a far sembrare lenti gli altri mille che orbitano attorno ai duecento cavalli. Con tanta spinta sempre disponibile è più semplice anche l'uso del cambio, mentre l'elettronica di controllo motore e trazione ­ fortemente personalizzabili ­ è di assoluto riferimento. Nella guida il rovescio della medaglia è rappresentato dell'impegno fisico, e mentale, richiesto: è altrettanto elevato per sfruttare così tanto potenziale disponibile.
HONDA Crescono le prestazioni ma la filosofia è sempre la stessa: il marchio di fabbrica delle motociclette Honda è il "Total Control" e anche la più estrema della gamma è nata con questi geni nel DNA. È l'asso nella manica della CBR1000RR Fireblade. Ed è una caratteristica che si nota fin dai primi metri: in sella ci si trova bene, anche chi è un po' più alto riesce a cucirsi la propria posizione di guida e i semimanubri (abbastanza aperti) permettono di spingere forte in fase di piega e di chiudersi in rettilineo. In quest'ultimo frangente, si soffre un po' l'aria sul casco e sulle spalle alle alte velocità: infatti, tra i tanti aggiornamenti sulla versione 2019 non è stato preso in considerazione il plexiglass più coprente (dettaglio che ci ha fatto soffrire anche nel 2017 sul famoso Mistral, rettifilo di quasi 2 km, di Le Castellet). Una piccola nota negativa, che viene dimenticata quando si entra in curva: la ciclistica con le nuove sospensioni a controllo elettronico permette di andare forte senza grande impegno fisico. Il bilanciamento dei pesi è azzeccato, infatti la CBR è molto stabile in curva e, nei cambi di direzione, è rapida e precisa quasi come le europee. Inoltre, l'elettronica ha fatto un altro passo avanti e, anche se l'intervento è molto raro vista la facilità di guida, quando c'è una perdita di aderenza il taglio di potenza è quasi impercettibile. Ora che il sistema di anti-impennata è indipendente dal traction control, l'utente riesce a personalizzare le mappe trovando il giusto compromesso senza doversi adattare a una moto o troppo nervosa o troppo "filtrata". I dati parlano chiaro: a livello di potenza massima non è all'altezza delle concorrenti, ma non è un male. Questa scelta permette di sfruttarla meglio e con più facilità (comunque sono 193,9 i CV all'albero
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rilevati). Il 4 cilindri della Casa dell'Ala Dorata ha un bell'allungo e un'erogazione piena e molto lineare: tra l'altro, la CBR ha un sound veramente particolare che, anche con lo scarico di serie, riesce a coinvolgere molto il pilota alla guida. In fondo alle staccate si arriva fortissimo e per fermarsi bisogna frenare fortissimo: l'impianto frenante Brembo è leggermente al di sotto di quello della concorrenza che monta pinze e pompe dell'Azienda italiana; ma il problema non è nella potenza quanto nell'intervento, sempre troppo invasivo, dell'ABS. Inoltre, le lunghe e impegnative frenate di Pergusa hanno messo a dura prova le temperature di dischi e pastiglie: purtroppo dopo pochi giri la leva tendeva ad allungarsi nonostante i tubi aeronautici e ci ha costretto a prendere il freno in mano con un po' di anticipo... La Honda CBR1000RR punta anche ad un pubblico che ama usare la superbike in pista (e non solo) e la Casa giapponese ha fatto i suoi calcoli per dar vita a una moto capace di soddisfare anche questa utenza.
KAWASAKI Confortevole e con un'ergonomia meno spinta rispetto ad altre concorrenti, la verdona per dare il meglio in pista meriterebbe delle pedane più alte ed arretrate per consentire al pilota di caricarle come si deve nella guida di corpo e, soprattutto, di non appendersi al manubrio in uscita di curva e nei cambi di direzione. In compenso, la ZX-10RR offre una buona protezione aerodinamica alle alte velocità grazie a dimensioni decisamente più ampie e a un cupolino più alto rispetto alla media, a testimonianza di come si possano unire prestazioni e un certo livello di comfort anche su una moto pensata solo ed esclusivamente per vincere nel Mondiale Superbike. Il motore è performante, ma come succedeva anche sulle versioni precedenti va fatto gridare per convincerlo a dare il meglio di sé; ai bassi e ai medi regimi, complice una rapportatura della trasmissione inspiegabilmente lunga e alla castrazione meccanica arrivata con l'Euro-4 (per rimediare alla quale non è evidentemente sufficiente il terminale Akrapovic optional di cui era dotata la "nostra" NInja) spinge meno rispetto alle contendenti più potenti, in compenso è dotata di un cambio che per rapidità e precisione non ha eguali tra le protagoniste della
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comparativa. Però, come abbiamo detto più volte, quanto ci piacerebbe provarne una con un semplice impianto di scarico completo... La Ninja ZX-10RR si rivela stabile e precisa sul veloce, anche se avremmo gradito un posteriore più alto e sostenuto per limitarne il sottosterzo che emerge in uscita di curva a gas spalancato, comportamento che peraltro abbiamo trovato a suo tempo anche sulla ZX-10R SE con sospensioni semiattive, dunque evidentemente derivante più dalla distribuzione dei pesi che non dalla taratura delle sospensioni. La ZX10 è discretamente rapida in fase d'inserimento in curva e altrettanto nei cambi di direzione, situazione in cui si rivela forse non rapidissima ma anche poco nervosa nelle reazioni, infondendo nel pilota la fiducia necessaria ad aprire il gas come si deve. Ottima anche la risposta dei freni, stressatissimi qui a Pergusa, che si rivelano potenti e ben modulabili, con un ABS che non disturba né allunga la frenata anche quando non lo si tratta con i guanti bianchi.
SUZUKI Con il Model Year 2019, Suzuki ha voluto mettere le cose in chiaro: i tecnici giapponesi (probabilmente stufi delle infinite richieste di utenti e giornalisti) hanno montato i tubi del freno aeronautici di serie e, per non far mancare proprio nulla, anche il pivot del forcellone regolabile. Meglio non si poteva avere, peccato ci siano ritardi nelle consegne e così ci siamo dovuti accontentare della versione non ancora aggiornata. Poco importa, perché la GSX-R1000R ha un potenziale incredibile e non bastano due tubi in gomma standard a rallentarla. Il motore con la fasatura variabile è bello pieno anche sotto e, questo dettaglio unito ad una rapportatura corta (ci sentiamo di dire, azzeccata), permette di affrontare le curve con una marcia in più rispetto alle sue avversarie. Inoltre, i tecnici sono riusciti a regolare molto bene la risposta dell'acceleratore che non risulta né troppo pronta né troppo fiacca. Insieme alla Honda è quella che dà più confidenza fin dai primi metri, è facilissima e andare forte è quasi immediato. Merito anche della taratura delle sospensioni un po' più "libera" che, però, nei curvoni veloci e in appoggio tende a far ballare il posteriore. In questo frangente emerge un'altra qualità della Suzuki: anche se in inserimento non è repentina come un'Aprilia, una Ducati o una BMW, a moto piegata trasmette tanto controllo e fa esattamente quello che il pilota vuole.
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Tra le sette superbike è una delle più "comode": la carenatura ripara il casco e la sella permette di arretrare con il sedere tanto da permettere di chiudere i gomiti anche a chi è alto 1,80 metri. Da appuntare tra le note positive anche l'elettronica: l'intervento del TC è praticamente impercettibile e, nonostante il quadro strumenti non sia tra i più moderni TFT a colori, è ben leggibile e le informazioni principali saltano subito all'occhio. In staccata l'impianto frenante ha una buona potenza (non a caso le pinze sono firmate Brembo), anche se, purtroppo, i tubi in gomma della moto in prova non ci hanno permesso di forzare le frenate come avremmo voluto (e come avremmo potuto fare). La GSXR-1000R si è dimostrata ancora una volta una moto completissima e soprattutto molto competitiva: l'assetto, per scelta, è rivolto a chi si vuole godere un bel giro domenicale su una strada tutta curve e, ogni tanto, dare gas in pista. La superbike di Hamamatsu ha un potenziale incredibile e i tecnici giapponesi lo sanno molto bene: non a caso, è lì che vi aspetta la versione pronto pista Ryuyo... beato Lillo che l'ha provata!
YAMAHA E' un'altra moto che conosciamo bene e che continua a convincerci nella bontà della posizione di guida, se non fosse per l'angolazione un po' troppo chiusa dei semimanubri. Per il resto la correlazione pedane-sella manubrio e l'ergonomia offerta dai fianchi del serbatoio è centrata e si adatta a piloti di altezze diverse. La sella permette di arretrare bene quando si è in carena e offre un bell'appoggio in curva. E' un assetto non eccessivamente caricato sull'avantreno e con soltanto le pedane un filo avanzate se si hanno le gambe lunghe. Ragion per cui la R1M si rivela fra le sportive meno faticose, contando anche su un cupolino che protegge bene, qualità apprezzata su una pista veloce come Pergusa.
La R1M dà immediatamente una bella confidenza grazie alla sua guida rotonda, veloce, e alla scarsa sensazione di peso al manubrio; è una moto svelta in ingresso di curva, anche se perde un po' velocità nelle inversioni di inclinazione rispetto alla S 1000 RR ad esempio, sempre per restare fra le rivali con il motore quattro in linea, che in quella fase è formidabile. Nelle lunghe curve in accelerazione, tipiche
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di Pergusa, la R1M mostra una tenuta della linea molto elevata: merito delle misure ciclistiche votate alla stabilità sul veloce così come in frenata. Un altro punto ciclistico a favore della mille Yamaha sono le sospensioni semi attive, migliorate sulla più recente versione della "M", dal comportamento davvero preciso sulle asperità e ben controllate nella loro escursione. In generale la gestione elettronica della R1M non mostra punti deboli all'apertura del gas, come nell'intervento del controllo di trazione o nel migliorato sistema anti-impennata.
Le tre lunghe staccate del tracciato ennese confermano il lavoro notevole della forcella Ohlins, ma mettono in luce la cronica perdita di modulabilità dell'impianto franante anteriore Nissin dopo pochi giri di pista tirati. Per cui ci si ritrova a spremere tanto il comando anteriore, confidando nel ­ peraltro molto buono ­ funzionamento dell'Abs ma rischando ogni tanto di arrivare lunghi.
L'urlo irregolare del motore Crossplane, esaltato dal silenziatore Akrapovic, è di quelli che conquista dopo la prima infilata di marce. La rapportatura lunga del cambio costringe a volte di usare un marcia in meno rispetto ad altre mille per uscire veloce di curva. Essenzialmente perché l'erogazione predilige i regimi medio alti: fino agli ottomila giri spinge meno di BMW o Suzuki, per esempio, mentre la cattiveria arriva di botto sopra i 9.000, con un allungo pieno fino ai 13.500, poco primo dell'intervento del limitatore. Come dicevamo prima, l'elettronica lavora molto bene in uscita di curva permettendo di sfruttare a fondo tutta l'accelerazione disponibile e i quasi 200 cavalli del motore Yamaha.

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Testi: Edoardo Licciardello - Foto: Fabio Grasso

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E' L'ORA DELLA VERITÀ. DI PASSARE LA PAROLA AL CRONOMETRO, AFFIDANDO LE SETTE SUPERSPORTIVE 2019 AL POLSO DESTRO DI ALFIO TRICOMI, PER STABILIRE UNA VOLTA PER TUTTE QUALE DI QUESTE MERAVIGLIOSE SUPERBIKE SIA LA PIÙ VELOCE

E

d eccoci alla sfida finale. Al momento in cui... le chiacchiere vanno a zero, e si tratta di far salire in sella il nostro Alfio Tricomi - pilota con un bel palmares nel Campionato Italiano - per analizzarne

il comportamento a quel limite a cui solo un pilota sa spingere mezzi

del genere.

Alfio, dei cui servigi ci siamo avvalsi già per le comparative nel

2017 al Paul Ricard e nel 2018 ad Alcarràs, oltre che per la prova

strumentale della Brembo RCS Corsacorta, conosce come nessun al-

tro tanto il circuito di Pergusa quanto le Pirelli Diablo Superbike, e

ha familiarità con gran parte delle moto in prova, e per questo è il

candidato ideale per spremere senza favoritismi di sorta tutte e sette

le moto oggetto della prova.

Vi raccontiamo, in ordine inverso, come si sono comportate nella

nostra prova, analizzandone i punti di forza e le debolezze di cia-

scuna. Presentandovi anche il risultato del banco prova e soprattutto

dell'acquisizione dati del giro veloce di ciascuna delle sette!

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I TEMPI

Suzuki GSX-R 1000 1'45"46

Honda CBR 1000RR 1'45"41

E' stata eletta all'unanimità quella più facile da interpretare, per comunicativa e sincerità di comportamento. Assettata tendenzialmente sul morbido, la GSX-R 1000R è relativamente accogliente e, nonostante i suoi 200 cavalli, è da considerasi una delle maxi più accessibili di questa generazione. Il motore, in particolare, è quello che offre l'erogazione più regolare e sfruttabile grazie al sistema di fasatura variabile SR-VVT, perdonando anche qualche sbavatura sulla traiettoria scelta o inserimenti, uscendo comunque come una furia. Il problema sofferto dalla Suzuki nasce proprio dalla sua comunicativa: alzando il ritmo, complice il maggior grip offerto dalle slick, tende a perdere stabilità lasciando sull'asfalto decimi preziosi ogni volta che un'azione di forza causa reazioni scomposte dell'assetto, in inserimento e in uscita.

La miglior dote della Honda Fireblade, da sempre, è la sfruttabilità, quel Total Control che fin dalla prima CBR900RR il team dei tecnici Honda guidato dall'ingegner Tadao Baba ha conferito all'ammiraglia sportiva della Casa di Tokyo. La Fireblade SP 2018 non fa eccezione, naturalmente, offrendo subito anche al pilota molto esperto una grande sfruttabilità. Purtroppo, il problema al freno anteriore - sotto forma di un ABS troppo stradale e imprevedibile nel comportamento in circuito - è tornato a manifestarsi non appena abbiamo aumentato rigidità della carcassa e grip a disposizione passando dalle pur eccellenti Supercorsa v3 alle slick Superbike SC1. Rimane un ottimo comportamento generale che fa dimenticare volentieri una potenza dichiarata inferiore alla concorrenza e che su un tracciato come quello siciliano ha sicuramente penalizzato la Fireblade, con l'aggravante di una protezione aerodinamica insufficiente che, con ogni probabilità, non ha gravato solo sul comfort ma anche sulle prestazioni in velocità.

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Kawasaki Ninja ZX-10RR 1'45"40

Yamaha YZF-R1M 1'43"81

La Ninjona è come sempre caratterizzata da un gran bel motore, diventato ancora più brillante in alto grazie all'arrivo delle bielle in titanio e in generale agli aggiornamenti apportati al modello 2019, e come già detto nel capitolo precedente, ha un feeling sull'avantreno da riferimento. Doti che le avrebbero dovuto permettere di difendersi meglio sul tracciato di Pergusa, e che invece - un po' a sorpresa, lo ammettiamo - non sono venute fuori più di tanto. Il problema principale nasce dalla rapportatura piuttosto lunga, unita naturalmente alle già note penalizzazioni al motore imposte dall'Euro-4, che sulla Kawasaki è risultato più penalizzante che altrove in termini di tiro ai medi regimi. Alfio ha anche lamentato una certa fisicità nei cambi di direzione - la Ninja è in effetti piuttosto generosa nelle dimensioni, e quindi un pelo più inerziale delle concorrenti. Al contrario, la sua dote migliore è la grande stabilità in percorrenza, e la grande stabilità sul posteriore, che la rende più comunicativa delle altre nelle accelerazioni più violente in uscita di curva nonostante qualche pompaggio, lieve e prevedibile.

La Highlander delle maxi sportive: non è cambiata se non in qualche dettaglio dal 2015, però è sempre là davanti, a giocarsela con le migliori proposte del segmento che, sulla carta, hanno cavalli in più e chili in meno - quando il gioco si fa duro, la Yamaha YZFR1M è sempre pronta a giocare. E rimane sempre velocissima e meno impegnativa delle rivali, rispetto alle quali propone un'accessibilità psicofisica da riferimento. La sua dote migliore, secondo Alfio, sta nell'elettronica: il suo intervento è poco percettibile e non rallenta la moto, ma anzi la rende più veloce, soprattutto per un matching perfetto con le gomme utilizzate. Una dote che si accorda perfettamente alla personalità della R1M, da sempre un riferimento in termini di equilibrio fra motore e ciclistica, e che è stata ulteriormente perfezionata con l'aggiornamento apportato sul model year 2018. Il difetto principale della R1M, a parte un leggero deficit di potenza rispetto alle concorrenti più aggiornate (che qui a Pergusa, circuito velocissimo, ha pesato forse più di quanto non sarebbe successo altrove) sta nella relativa riluttanza ad inserirsi in curva a causa dell'inerzia del suo albero motore Crossplane, più largo rispetto a quello di un quattro cilindri in linea e quindi causante un maggior effetto volano.

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I TEMPI

BMW S1000RR 1'43"19

Ducati Panigale V4S Corse 1'42"59

Iniziamo con i rimpianti. La nuova S1000RR avrebbe potuto fare di più, molto di più, se un problema elettronico non l'avesse fermata a metà del secondo giro lanciato. Giro che aveva tutte le premesse per rivelarsi più veloce del già stupefacente riferimento staccato al primo passaggio, ma che si è bruscamente interrotto con l'elettronica in protezione sul finale. Un giro mostruoso, dicevamo, maturato grazie ad un'agilità e a una precisione assolutamente al vertice della categoria, in parte sicuramente dovuta al kit M e ai già citati cerchi in fibra di carbonio. Non è affatto esagerato parlare della BMW S1000RR come il nuovo riferimento in termini di rapidità in inserimento e nei cambi di direzione, a conferma del vecchio adagio che vuole le masse non sospese come quelle più rilevanti in ogni condizione. Come avrebbe potuto andare ancora più forte? Facile: con un'elettronica più a punto. Alfio ha lamentato l'intrusività del pacchetto elettronico BMW, che in diverse occasioni penalizza un po' quando la si sfrutta al limite utilizzando il grip disponibile con le slick. Ma se non si fosse fermata...

Dalla Ducati ci aspettavamo, naturalmente, prestazioni egregie sui curvoni e sui lunghi rettilinei di Pergusa. E in effetti non ci ha affatto deluso, grazie ad un motore pazzesco, a una gran trazione e a una grandissima direzionalità in frenata, che le permettono di entrare in tutte le curve con il freno molto più in mano rispetto alle altre. Quando si prende in mano il gas, anche grazie a un'elettronica davvero efficace e a punto, la Panigale V4s schizza in avanti con una grinta spaventosa, tanto che spesso - complice il regime stratosferico a cui gira il Desmosedici Stradale - si finisce per anticipare le cambiate, non sfruttando tutto il potenziale disponibile, a meno di non tenere bene d'occhio il contagiri. Alla fine è forse proprio questa grinta a penalizzarla: la Ducati Panigale V4S finisce per essere un po' troppo fisica nella guida. Gestire tanto acceleratore e tanti freni non è affare per tutti, anche e soprattutto perché la conformazione del serbatoio non fa molto per aiutare il pilota, che tende a gravare tutto sulle braccia penalizzando anche un po' quella meravigliosa direzionalità in frenata citata in apertura.

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LA COMPARATIVA DELLE COMPARATIVE

Aprilia RSV4 Factory 1100 1'42"03
La sorpresa della comparativa. Non tanto perché non ci aspettassimo cose turche dalla RSV4 portata a 1100cc, quanto perché sul tracciato siciliano temevamo che non riuscisse a far valere quella che tradizionalmente è la sua dote migliore, ovvero la precisione e la confidenza sull'avantreno nei lunghi curvoni in percorrenza, a gas puntato, di cui effettivamente Pergusa difetta. E invece, grazie a un motore veramente pazzesco, la V4 di Noale ha fatto veramente sfracelli. Meno violento e viscerale rispetto all'omologo Ducati, il propulsore veneto lancia fuori dalle curve come accompagnati da una fionda, e pur facendo meno impressione, in fondo ai rettilinei è quello che fa segnare le velocità più aeronautiche di tutti nonostante le appendici aerodinamiche, sulla carta, dovrebbero penalizzarla negli ultimi rapporti. La contropartita è una stabilità molto delicata al limite, emersa quantomeno qui a Pergusa, con forti pompaggi della sospensione posteriore, dovuti ad un assetto sicuramente estremo (e comunque ritoccato più volte) per compensare le prestazioni del motore - non a caso, l'Aprilia si è dimostrata quella meno delicata con le gomme, riuscendo comunque grazie alla bontà e alla sincerità del telaio a staccare un giro stratosferico!
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